I diritti del malato di Alzheimer

È di fondamentale importanza che i familiari dei malati di Alzheimer e di altre forme di demenza (nonché di quei soggetti colpiti da malattie croniche e da non autosufficienza) e gli altri soggetti che, a vario titolo, di essi si prendono cura, siano messi a conoscenza dei diritti esigibili dei malati di Alzheimer e di altre sindromi correlate.

Il quadro normativo: cosa affermano le leggi

La nostra Costituzione, in quanto legge fondamentale dello Stato, sancisce le direttive e i valori cui la società deve ispirarsi. Alcune previsioni della Carta costituzionale sono importanti da rilevare per individuare i diritti che il nostro ordinamento ha riconosciuto, nel tempo, a coloro che sono affetti da demenza senile e dalla malattia di Alzheimer.

L’art. 2 della Cost. precisa che la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo; l’art. 3 aggiunge che tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge (senza distinzioni di sesso, religione, opinioni politiche, etc.) e che è compito della repubblica “rimuovere gli ostacoli di ordine economico – sociale, che limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della personalità umana”. Queste prime previsioni sono di carattere generale, essendo rivolte a tutti i cittadini.

Il diritto alle cure sanitarie ed ospedaliere

Superate le premesse di carattere generale ed introduttivo, è possibile affermare che gli anziani affetti dalla patologia di Alzheimer, ed in generale degli anziani non autosufficienti, hanno diritto anzitutto alle cure sanitarie, comprese quelle ospedaliere.

Ciò è stabilito dalle seguenti disposizioni:

– Legge n. 841 del 30 ottobre 1953: le cure sanitarie, comprese quelle ospedaliere, devono essere erogate ai pensionati statali (e altre categorie);

– Legge n.692 del 4 agosto 1955: l’assistenza sanitaria, compresa quella ospedaliera, deve essere fornita, indipendentemente dalla sua durata, alle persone colpite da malattie specifiche della vecchiaia;

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– Decreto del Ministro del Lavoro del 21 dicembre 1956: l’assistenza ospedaliera deve essere assicurata a tutti gli anziani quando le cure mediche o chirurgiche, gli accertamenti diagnostici non siano normalmente praticabili a domicilio;

– Legge n. 132 del 12 febbraio 1968: le Regioni devono programmare i posti letto degli ospedali, tenendo conto delle esigenze dei malati acuti, cronici, convalescenti, lungodegenti;

– Legge n.180 del 13 maggio 1978: le Asl devono assicurare a tutti i cittadini, qualsiasi sia la loro età, le necessarie prestazioni dirette alla prevenzione, cura e riabilitazione delle malattie mentali;

– Legge n. 833 del 23 dicembre 1978: le Asl sono obbligate a provvedere alla tutela della salute degli anziani, anche al fine di prevenire e di rimuovere le condizioni che possono concorrere alla loro emarginazione. Le prestazioni devono essere fornite agli anziani, qualunque siano le cause, la fenomenologia e la durata delle malattie;

– Decreto del Consiglio dei Ministri del 29 novembre 2001: definizione dei livelli di assistenza sanitaria che devono essere garantiti dal Servizio sanitario nazionale e regionale.

Il diritto alla pensione di invalidità civile e all’indennità di accompagnamento

È raro che un malato di Alzheimer percepisca la pensione di invalidità civile, poiché solitamente questa viene concessa a chi ha meno di 65 anni di età; se, però, viene concessa, può essere cumulata con l’indennità di accompagnamento.

Invalido civile è colui che ha una ridotta capacità lavorativa ed è affetto da menomazioni che comportano un danno funzionale permanente. La legge riconosce per la malattia di Alzheimer una invalidità del 100% (Codice 1001 e 1003 della Gazzetta Ufficiale del 26/2/1992, n. 43), garantendo l’esenzione dal pagamento del ticket (per il consumo dei servizi sanitari).

Affinché al malato di Alzheimer venga riconosciuta l’invalidità civile, è necessaria la valutazione del suo grado di autosufficienza, accertata dai medici specialistici del Servizio Sanitario Nazionale o dalle apposite Unità Valutative e su certificazione del medico di base, secondo quanto stabilito dalle legge n. 289/2002.

Hanno diritto all’indennità di accompagnamento, a prescindere dal reddito, “tutti i soggetti che presentano una minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, causa di difficoltà di apprendimento, relazione o di integrazione lavorativa, tale da determinare un processo di svantaggio sociale di emarginazione” (legge n. 18/1980) o comunque gli ultra 65enni che abbiano difficoltà persistenti a svolgere i compiti e le 50

funzioni proprie della loro età (decreto legge n. 509/1988). In particolare, all’art. 94 della legge n. 289/2002 si stabilisce che per l’accertamento delle condizioni di invalidità e la conseguente erogazione di indennità alle persone affette dal morbo di Alzheimer, le commissioni deputate sono tenute ad accogliere le diagnosi prodotte dai medici specialistici del Servizio Sanitario Nazionale o dalle Unità di Valutazione Alzheimer su certificazione del medico di base.

Il diritto alle cure sanitarie e all’assistenza in Piemonte

La regione Piemonte, ponendosi in linea di continuità con quanto stabilito a livello nazionale, riconosce ed assicura ai malati di Alzheimer e di altre patologie correlate, il diritto alle cure sanitarie e all’assistenza.

Un importante successo è stato conseguito con la delibera della Giunta del 20 dicembre 2004, n. 72-14420

Inoltre, se il familiare o il soggetto che si prende cura dell’anziano non autosufficiente non intende assistere a domicilio il proprio congiunto, si può opporre alle dimissioni da ospedali o case di cura private convenzionate, qualora non sia garantita la continuità terapeutica in altra struttura sanitaria pubblica o convenzionata.

A questo proposito, è importante specificare i rischi a cui si va incontro se si accettano le dimissioni quando ancora permane lo stato di malattia e di non autosufficienza e non è garantita la continuità delle cure sanitarie. Colui che accetta le dimissioni incorre in una delle seguenti situazioni:

– Assume tutte le responsabilità civili e penali relative alle esigenze di cura e di cura del malato e agli eventuali danni causati a terzi dallo stesso malato;

– Deve farsi carico degli oneri di cura e di assistenza del congiunto; se è curato a domicilio, è possibile chiedere l’attivazione delle cure domiciliari, anche se bisogna tener conto del fatto che non sempre l’Asl è in grado di dare una risposta positiva in tempi soddisfacenti e, inoltre, che il progetto approvato potrebbe essere inadeguato alle reali esigenze del malato;

– Deve accettare che il malato sia inserito in lista di attesa, la quale potrebbe protrarsi anche per molto più di un anno, fino a quando l’ASL non provvederà a versare la quota sanitaria per un posto letto in una struttura residenziale socio-sanitaria;

– Deve pagare privatamente i costi per un’assistenza alla persona a domicilio oppure per un posto letto privato in RSA.

La legge regionale del Piemonte, n. 10 del 2010 promuove le cure domiciliari per i soggetti affetti dalla patologia di Alzheimer e di altre forme di demenza, in quanto incapaci di compiere atti essenziali della vita quotidiana senza l’aiuto rilevante di altre persone. Tuttavia, il diritto alle relative prestazioni non è ancora esigibile, né a livello nazionale né regionale.

In Piemonte, le prestazioni domiciliari continuano ad essere regolate dalle delibere della giunta regionale del Piemonte 39/2009 e 56/2010, che prevedono l’erogazione degli assegni di cura per chi deve provvedere all’assunzione di un assistente familiare e che riconoscono un contributo ai familiari che si occupano direttamente dei loro congiunti.

I Centri Diurni per i malati di Alzheimer sono invece regolamentati con la delibera della giunta regionale n. 39 del 2009. Anche in questo caso, però, bisogna tenere ben presente che la frequenza di tali centri non è un diritto esigibile.

Infine, con la delibera n. 17 del 2005, la regione Piemonte ha avviato un nuovo modello di assistenza residenziale, da calibrare e personalizzare sui bisogni sanitari e assistenziali dell’anziano, individuati dall’UVG e/o UVA, che predispongono il Pai (progetto di assistenza individuale). Tutte le strutture residenziali di ricovero per anziani non autosufficienti devono essere organizzate in modo da poter assicurare ai propri pazienti le fasce di intensità assistenziale (bassa, media, alta) e i livelli di incremento delle prestazioni per le fasce medio/alte, in modo tale da garantire, in caso di aggravamento degli utenti, le risposte adeguate all’evoluzione del bisogno socio-sanitario.

“Percorso di continuità assistenziale per anziani ultra65enni non autosufficienti o persone i cui bisogni sanitari e assistenziali siano assimilabili ad anziani non autosufficienti”, con la quale la regione Piemonte, sancendo il diritto alla continuità terapeutica, ha stabilito che non è possibile dimettere gli anziani cronici non autosufficienti ricoverati in ospedale (o in altra struttura sanitaria convenzionata con il Servizio sanitario nazionale) prima che siano state organizzate ed assicurate, dall’Asl di residenza del paziente, le cure domiciliari o sia stata individuata una struttura residenziale socio-sanitaria per il ricovero definitivo.

La tutela giuridica: interdizione, inabilitazione e procura

Secondo il nostro ordinamento giuridico, la persona fisica ha capacità giuridica (possesso dei diritti alla vita, all’integrità fisica, alle cure mediche, etc.), sin dal momento della nascita, e capacità di agire (capacità di porre in essere atti giuridicamente validi), che si acquisisce con la maggiore età.

La capacità di agire, a differenza di quella giuridica, può essere rimossa, in tutto o in parte, attraverso un procedimento di interdizione, con il quale si esclude totalmente la capacità di intendere e di volere del soggetto, o di inabilitazione, con il quale tale capacità è soltanto limitata. Ciò, quando si intende trovare un soggetto che si occupi della difesa dei 52

diritti del soggetto e della sua rappresentanza in giudizio, nel caso in cui esso non sia in grado, totalmente o parzialmente, di gestire se stesso e tutelare da sé i propri diritti.

I suddetti procedimenti si attivano davanti al Tribunale civile di residenza del presunto incapace (art. 1387 C.C.) e ci si preoccupa di trovare un soggetto che si occupa della difesa dei suoi diritti e della sua rappresentanza in giudizio. I procedimenti possono essere promossi dai parenti del soggetto, ma pure dal Pubblico ministero a cui i parenti dovrebbero segnalare la situazione.

Nel caso di malattia di Alzheimer, per evitare le procedure di interdizione e inabilitazione, che sono complesse e disagevoli, ci si può avvalere, quando il malato è ancora in una fase iniziale, di un negozio giuridico chiamato “procura”. Egli può, quando è ancora in grado di prendere decisioni, attribuire ad una persona, in genere un familiare, il potere di agire in suo nome e per suo conto. La procura può essere speciale, se riguarda soltanto un affare o una speciale categoria di affari, o generale, quando si estende tutti gli affari del rappresentato (art. 1708 C.C.)

Altri principi costituzionali hanno carattere più specifico: l’art. 32 individua la salute come diritto fondamentale dell’individuo e l’art. 38 aggiunge che ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere, ha diritto al mantenimento ed all’assistenza sociale.